Believe in Love è un drama cinese del 2022, in 24 puntate da 45 minuti, per la regia di Shen Jin Fei.
Tutto, in quest’opera, parla di basso budget: le ambientazioni sono variate pochissimo, ci troviamo sempre negli stessi ambienti. I costumi sono decenti (a parte le spalle scoperte della protagonista: si è visto mai?), ma cambiati raramente nel corso dei 24 episodi. La musica e le canzoni non ci lasciano alcuna impressione, la cinematografia è proprio basilare, con un paio di guizzi di fantasia quando girano una scena riflessa nell’acqua, lo stesso dicasi per la CGI, piuttosto anonima. Il comparto tecnico, insomma, è appena appena sufficiente.
La storia? Si narra delle avventure di Lu Yue Er, una ragazzina, bravissima cuoca, che pare avere una malattia congenita al cuore ed è per questo evitata da tutti. Un giorno, però, il Signore di un’isola dedicata alle prelibatezze culinarie comincia a farle una corte spietata, per convincerla a sposarlo a tutti i costi. Quello che la nostra Yue Er non sa, è che Hua Yi Nan, il Signore di cui sopra, è costretto a sposarla obbligato dal testamento del padre, o non potrà ereditare.
Su questo canovaccio si innestano circonvoluzioni assortite di reincarnazioni, demoni e fate, amori contrastati, triangoli, famiglie sgradevoli, complotti, perdite di memoria, vendette. Tutto, purtroppo, già visto e rivisto. Non sarebbe grave, se fosse presentato con garbo. Sfortunatamente, anche il settore interpretazione a volte lascia a desiderare. Non conoscevo i due attori principali. Lui, Huang Sheng Chi, è carino e “mediamente espressivo”. Lei, Zheng He Hui Zi, non è la tipica protagonista dei drama: di aspetto fisico ben lontano dalla bellezza angelica di molte colleghe, è stata pure mal servita dal comparto trucco, che l’ha resa un mascherone di colori accesi, ben poco attraenti in generale, e in particolare sul suo viso. Che si riesca comunque ad apprezzarne una performance tutto sommato molto gradevole e sul pezzo non fa che confermare che si tratti di un’attrice con potenzialità.
L’antagonista, Xiao Kai Zhong, l’avevo già visto come protagonista di Be my cat, dove ben interpretava un dolce generale alieno/felino. Qui, invece, è un demone innamorato da millenni della protagonista e il suo viso e le sue espressioni ben si attagliano anche a questo ruolo. Mi è piaciuto.
La coppia di spalla si è comportata bene, mentre la matrigna e la sorellastra di Yue Er sono ignobili ma ridicole e suo padre è completamente fuori scala, da umorismo involontario. Ecco, come drama sarà pure etichettato come commedia romantica, ma si ride veramente poco e di commedia vera e propria se ne trova solo a sprazzi ben distanziati. Come se non bastasse, quando inizia l’arco della “obbligatoria” perdita di memoria, tanto cara a tanti sceneggiatori, la storia precipita in una serie di puntate noiose, mentre la trama diventa sempre meno plausibile e inutilmente intricata, perdendo pure dei pezzi per strada. Il finale, quando giunge, cerca di sorprenderci, ma lo spettatore smaliziato non si fa ingannare!
In sunto, un drama parzialmente xianxia che non potrei nemmeno definire commediola, perché non si ride, piuttosto anonimo nella presentazione e nell’esecuzione, che non ha nemmeno il plus di inserire temi politici o sociali. In una parola? Mediocre.
Tutto, in quest’opera, parla di basso budget: le ambientazioni sono variate pochissimo, ci troviamo sempre negli stessi ambienti. I costumi sono decenti (a parte le spalle scoperte della protagonista: si è visto mai?), ma cambiati raramente nel corso dei 24 episodi. La musica e le canzoni non ci lasciano alcuna impressione, la cinematografia è proprio basilare, con un paio di guizzi di fantasia quando girano una scena riflessa nell’acqua, lo stesso dicasi per la CGI, piuttosto anonima. Il comparto tecnico, insomma, è appena appena sufficiente.
La storia? Si narra delle avventure di Lu Yue Er, una ragazzina, bravissima cuoca, che pare avere una malattia congenita al cuore ed è per questo evitata da tutti. Un giorno, però, il Signore di un’isola dedicata alle prelibatezze culinarie comincia a farle una corte spietata, per convincerla a sposarlo a tutti i costi. Quello che la nostra Yue Er non sa, è che Hua Yi Nan, il Signore di cui sopra, è costretto a sposarla obbligato dal testamento del padre, o non potrà ereditare.
Su questo canovaccio si innestano circonvoluzioni assortite di reincarnazioni, demoni e fate, amori contrastati, triangoli, famiglie sgradevoli, complotti, perdite di memoria, vendette. Tutto, purtroppo, già visto e rivisto. Non sarebbe grave, se fosse presentato con garbo. Sfortunatamente, anche il settore interpretazione a volte lascia a desiderare. Non conoscevo i due attori principali. Lui, Huang Sheng Chi, è carino e “mediamente espressivo”. Lei, Zheng He Hui Zi, non è la tipica protagonista dei drama: di aspetto fisico ben lontano dalla bellezza angelica di molte colleghe, è stata pure mal servita dal comparto trucco, che l’ha resa un mascherone di colori accesi, ben poco attraenti in generale, e in particolare sul suo viso. Che si riesca comunque ad apprezzarne una performance tutto sommato molto gradevole e sul pezzo non fa che confermare che si tratti di un’attrice con potenzialità.
L’antagonista, Xiao Kai Zhong, l’avevo già visto come protagonista di Be my cat, dove ben interpretava un dolce generale alieno/felino. Qui, invece, è un demone innamorato da millenni della protagonista e il suo viso e le sue espressioni ben si attagliano anche a questo ruolo. Mi è piaciuto.
La coppia di spalla si è comportata bene, mentre la matrigna e la sorellastra di Yue Er sono ignobili ma ridicole e suo padre è completamente fuori scala, da umorismo involontario. Ecco, come drama sarà pure etichettato come commedia romantica, ma si ride veramente poco e di commedia vera e propria se ne trova solo a sprazzi ben distanziati. Come se non bastasse, quando inizia l’arco della “obbligatoria” perdita di memoria, tanto cara a tanti sceneggiatori, la storia precipita in una serie di puntate noiose, mentre la trama diventa sempre meno plausibile e inutilmente intricata, perdendo pure dei pezzi per strada. Il finale, quando giunge, cerca di sorprenderci, ma lo spettatore smaliziato non si fa ingannare!
In sunto, un drama parzialmente xianxia che non potrei nemmeno definire commediola, perché non si ride, piuttosto anonimo nella presentazione e nell’esecuzione, che non ha nemmeno il plus di inserire temi politici o sociali. In una parola? Mediocre.
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