Commediola infantile con aspirazioni sociali
Breve commediola romantica nipponica apparentemente destinata ad un pubblico di giovanissimi, ma con qualche considerazione morale a condire una pasta altrimenti insipida e completamente senza sugo.
La prima considerazione da farsi è che la locandina del drama è completamente fuorviante: gli abiti e la scena rappresentata non si ritrovano in alcun momento della serie e non potrebbero essere più diversi da quelli che sono i due protagonisti.
Shikamori Umi è una giovane impiegata che lavora ad un talk show e viene sfruttata in turni di lavoro massacranti dal suo capo, al punto da non dormire per giorni di fila. La situazione cambia quando lascia il lavoro e viene assunta alla Animal Beauty, una società che si occupa di trucco e bellezza: si tratta di un ambiente molto più friendly (in modo poco plausibile), giovane, fresco, innovativo e frequentato da un sacco di bella gente. Un fotografo, il presidente della società e, per certi versi, anche il suo vicepresidente e diversi altri personaggi, paiono tutti gravitare intorno a Umi e, in un modo o nell’altro, a interessarsi a lei.
Sarebbe però sbagliato pensare a questa serie in termini di solo romanticismo. Si affronta un tema molto attuale in Giappone: quello degli eccessivi carichi lavorativi scaricati sui dipendenti, che sono spesso costretti a fare più ore dell’orologio, rinunciando alla vita familiare e sociale, al punto da arrivare ad ammalarsi e, in casi estremi, anche a morire. La nostra Umi affronta quindi un percorso di riflessione, autoanalisi e crescita, che la porta a comprendere se stessa e quello che vuole dalla vita. Nel frattempo, troverà anche l’amore.
Ora, non posso dire che questa serie mi abbia soddisfatto. La recitazione è spesso eccessiva, i dialoghi a volte forzati, la gestualità esagerata, e non sono rari i momenti di imbarazzo di seconda mano per quello che accade sullo schermo. Le ragazze, e specialmente la protagonista, sono descritte in modo molto infantile: Suzuki Airi viene fatta agitare e strillare come un’oca e corricchia spesso qua e là come una gallina senza testa. Altre volte, invece, la sceneggiatura la porta a correre come una pazza per mezza città per arrivare a destinazione. I taxi, questi sconosciuti…
Per quanto il lavoro al talk show sia mostrato in modo abbastanza verosimile, quando l’ambientazione si sposta alla Animal Beauty le cose diventano molto meno plausibili: più che una società sembra una gabbia di matti. Ho avuto spesso l’impressione di guardare un anime interpretato dal vero.
Per carità, il tutto è ancora abbastanza godibile, a patto di accettare le cose così come ci vengono mostrate, senza assolutamente porsi domande sulla logica di ciò che accade e sorvolando sull’estremo infantilismo delle vicende. Bisogna anche superare lo scoglio degli ultimi due episodi, terribilmente rarefatti e noiosi, almeno fino al finale che, in buona tradizione Dramaland, dipana negli ultimi minuti tutte le matasse e ci elargisce tre coppie in un botto solo, regalandoci nel contempo anche un sottilissimo profumo di BL.
Al netto delle particolarità della recitazione della protagonista Suzuki Airi, che abbiamo già detto costretta a performance da macchietta, in realtà questa ragazza, quando non le viene imposto altrimenti, è molto brava, sia nei momenti allegri che in quelli più drammatici. Anche Honda Kyoya, che interpreta il fotografo, è una spanna sopra gli altri, e Izuka Kenta, il burbero vice, se la cava benissimo ed è molto piacevole. Al contrario, il CEO Jin Shirasu è piuttosto piatto e poco coinvolgente: non pervenuto. Il cast secondario agisce come mero contorno, e fa semplicemente il suo lavoro.
Una particolarità di questo drama è che ci sono alcune situazioni pregnanti in cui cessa qualsiasi sottofondo musicale, lasciando la scena completamente muta, e la cosa è abbastanza originale da essere notata. Purtroppo, però, si nota anche una certa mancanza di affiatamento di coppia in quella principale, che dovrebbe essere uno dei punti fermi della serie, e non coinvolge affatto.
Un commento musicale generalmente abbastanza anonimo, costumi vari ma decisamente lontani dai nostri gusti e una cinematografia semplice completano la disamina di questo drama, che vanta anche un minuscolo sequel, intitolato Animals: Kikoku-hen.
La prima considerazione da farsi è che la locandina del drama è completamente fuorviante: gli abiti e la scena rappresentata non si ritrovano in alcun momento della serie e non potrebbero essere più diversi da quelli che sono i due protagonisti.
Shikamori Umi è una giovane impiegata che lavora ad un talk show e viene sfruttata in turni di lavoro massacranti dal suo capo, al punto da non dormire per giorni di fila. La situazione cambia quando lascia il lavoro e viene assunta alla Animal Beauty, una società che si occupa di trucco e bellezza: si tratta di un ambiente molto più friendly (in modo poco plausibile), giovane, fresco, innovativo e frequentato da un sacco di bella gente. Un fotografo, il presidente della società e, per certi versi, anche il suo vicepresidente e diversi altri personaggi, paiono tutti gravitare intorno a Umi e, in un modo o nell’altro, a interessarsi a lei.
Sarebbe però sbagliato pensare a questa serie in termini di solo romanticismo. Si affronta un tema molto attuale in Giappone: quello degli eccessivi carichi lavorativi scaricati sui dipendenti, che sono spesso costretti a fare più ore dell’orologio, rinunciando alla vita familiare e sociale, al punto da arrivare ad ammalarsi e, in casi estremi, anche a morire. La nostra Umi affronta quindi un percorso di riflessione, autoanalisi e crescita, che la porta a comprendere se stessa e quello che vuole dalla vita. Nel frattempo, troverà anche l’amore.
Ora, non posso dire che questa serie mi abbia soddisfatto. La recitazione è spesso eccessiva, i dialoghi a volte forzati, la gestualità esagerata, e non sono rari i momenti di imbarazzo di seconda mano per quello che accade sullo schermo. Le ragazze, e specialmente la protagonista, sono descritte in modo molto infantile: Suzuki Airi viene fatta agitare e strillare come un’oca e corricchia spesso qua e là come una gallina senza testa. Altre volte, invece, la sceneggiatura la porta a correre come una pazza per mezza città per arrivare a destinazione. I taxi, questi sconosciuti…
Per quanto il lavoro al talk show sia mostrato in modo abbastanza verosimile, quando l’ambientazione si sposta alla Animal Beauty le cose diventano molto meno plausibili: più che una società sembra una gabbia di matti. Ho avuto spesso l’impressione di guardare un anime interpretato dal vero.
Per carità, il tutto è ancora abbastanza godibile, a patto di accettare le cose così come ci vengono mostrate, senza assolutamente porsi domande sulla logica di ciò che accade e sorvolando sull’estremo infantilismo delle vicende. Bisogna anche superare lo scoglio degli ultimi due episodi, terribilmente rarefatti e noiosi, almeno fino al finale che, in buona tradizione Dramaland, dipana negli ultimi minuti tutte le matasse e ci elargisce tre coppie in un botto solo, regalandoci nel contempo anche un sottilissimo profumo di BL.
Al netto delle particolarità della recitazione della protagonista Suzuki Airi, che abbiamo già detto costretta a performance da macchietta, in realtà questa ragazza, quando non le viene imposto altrimenti, è molto brava, sia nei momenti allegri che in quelli più drammatici. Anche Honda Kyoya, che interpreta il fotografo, è una spanna sopra gli altri, e Izuka Kenta, il burbero vice, se la cava benissimo ed è molto piacevole. Al contrario, il CEO Jin Shirasu è piuttosto piatto e poco coinvolgente: non pervenuto. Il cast secondario agisce come mero contorno, e fa semplicemente il suo lavoro.
Una particolarità di questo drama è che ci sono alcune situazioni pregnanti in cui cessa qualsiasi sottofondo musicale, lasciando la scena completamente muta, e la cosa è abbastanza originale da essere notata. Purtroppo, però, si nota anche una certa mancanza di affiatamento di coppia in quella principale, che dovrebbe essere uno dei punti fermi della serie, e non coinvolge affatto.
Un commento musicale generalmente abbastanza anonimo, costumi vari ma decisamente lontani dai nostri gusti e una cinematografia semplice completano la disamina di questo drama, che vanta anche un minuscolo sequel, intitolato Animals: Kikoku-hen.
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